Una volta acclarato che, nella cosiddetta fase 2 del Cura Italia, è stata decretata la chiusura dell’anno scolastico 2019/2020 in presenza, e che le attività didattiche a distanza proseguiranno fino al termine ultimo relativo a questo particolare momento storico, ci si interroga su quali saranno gli effetti dell’evoluzione didattica per l’intero sistema educativo centrale nel prosieguo. È innegabile che tutte le Istituzioni della Nazione hanno subito uno scossone che, di fatto, ha rivoluzionato il metodo tradizionale dell’insegnamento, se pur evidenziando le capacità e l’abnegazione di tutto il personale docente e la pronta risposta, in positivo, della gran parte degli studenti italiani, a partire dall’infanzia alle secondarie, fino all’Università, dove l’80% degli studenti ha fruito delle lezioni in remoto, attivate da tutti gli atenei. Il dato aggiornato ci attesta che, in tale modalità, ben 25.500 giovani hanno discusso la tesi di laurea conseguendo l’artigianato laurea. Nonostante i dati siano confortanti anche nella Scuola dell’obbligo, dove ci si attesta al 60 – 70%, non dobbiamo trascurare il gran numero degli studenti che non ha potuto beneficiare della didattica a distanza, a causa del mancato possesso di strumenti tecnologici, mancata connessione ad Internet delle famiglie, indisponibilità dei genitori dei più piccoli dovuta a più motivazioni, difficoltà degli alunni stranieri di ultimo inserimento scolastico e degli studenti con disabilità o con presenza di problemi e/o ritardi cognitivi, a seguire la DaD, aggravati dalla lontananza fisica dal contesto sociale, per loro fortemente rassicurante, del l’aula, del gruppo classe e dei docenti. Ciò considerato, occorre uniformare le linee guida scolastiche didattiche ed educative, predisponendo interventi e metodologie nuovi ed al passo con i tempi, necessari a livellare e rendere competitive tutte le istituzione scolastiche, dotandole degli strumenti tecnologici adeguati e prevedendo una Formazione in servizio per tutti i DOCENTI, indispensabile anche per un eventuale inserimento di nuove discipline d’insegnamento della didattica avanzata.
Si metterebbe così in atto un rinnovamento della Scuola italiana, dove la metà della classe docente ha un’età superiore ai 50 anni, detenendo così il, non lusinghiero primato, dei Docenti più “anziani d’Europa”, costretti a rimanere in servizio fino al compimento dei 65/67 anni d’età, oltre le proprie forze, a causa di una mancata riforma pensionistica che preveda un loro regolare ed auspicato turn-over.
Ben venga il bando, oggi in pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, per 62 mila nuovi Docenti, atteso dai precari e da giovani laureati, ma nel contempo l’UGL SCUOLA, nella persona del Segretario Nazionale ORNELLA CUZZUPI, chiede al Governo, che si riapra l’aggiornamento delle graduatorie dei docenti per il triennio 2020/2021, 2021/2022 ,2022/2023.
ORNELLA CUZZUPI, SEGRETARIO NAZIONALE UGL SCUOLA